Il Paziente 2.0 in dieci lezioni

ALERT: richiede leggerezza di spirito, non fa per voi se siete in modalità “una giornata uggiosa”

Se vi sentite di buon umore e avete voglia di capire due cose del mio lavoro, se siete di quelli che pensano che è meglio farsi voler bene, se vi piace essere accolti con un sorriso (o anche senza) ma sapendo di suscitare simpatia… proseguite e scoprirete come fare.
Se invece pensate che questo genere di consigli sia solo una perdita di tempo, e per di più supponente e fastidiosa, passate oltre. Non è il caso di farsi venire la gastrite per così poco. Vi voglio bene lo stesso, come a quei figli che fanno di tutto per farsi detestare ma alla fine ci mancano quando se ne vanno.

Bene: se siete ancora qui, ecco una premessa e dieci suggerimenti per consentire a me di gestire al meglio le vostre richieste, e a voi di avere di conseguenza risposte rapide, sensate e (si spera) corrette.
Pronti? Via.

LA PREMESSA
Spiace dovervi ricordare che il vostro messaggio non è l’unico né necessariamente il primo della lista. Ogni giorno arrivano 30 o 40 messaggi e 20 o 30 mail. Quindi se volete che siano elaborati il più in fretta possibile, provate a seguire questi consigli.

(NON) SIAMO TUTTI FOTOGRAFI
La tecnologia ci ha insegnato a mandare i referti degli esami con una foto, via mail o messaggio: fa risparmiare a tutti un sacco di tempo e di chilometri. Però, occhio: fate foto ben illuminate e a fuoco, cercate di stendere il foglio in piano, non fotografatelo sul cruscotto dell’auto o tra il cambio e il freno a mano, e soprattutto (non ci crederete ma è la cosa più irritante) nel verso giusto! Cioè: se mettete il cellulare “di traverso”, in orizzontale, per fotografare il referto degli esami del sangue, a me arriva un referto girato di 90 gradi, che per essere decifrato deve essere raddrizzato, altrimenti mi viene il torcicollo. L’operazione di girare di 90 o 180 gradi un documento o una foto non è velocissima e comunque rallenta tutto quanto: se gli esami del sangue occupano 3,4 o 5 pagine, il lavoro diventa una vera rogna.
Naturalmente, se siete evoluti e attrezzati, al posto della foto una bella scansione e un PDF (NON a colori!) sarebbero l’ideale, perché posso inserirlo così com’è nella vostra cartella clinica, altrimenti devo elaborare la foto per trasformarla in un documento leggero e leggibile.
Evitate di mandare la foto di un pezzettino del referto (per esempio solo l’elenco dei farmaci prescritti), fotografate tutto il foglio: è più comprensibile.

FACCIAMOCI (RI)CONOSCERE
In ogni messaggio o mail scrivete sempre chi siete (nome e cognome) e soprattutto per chi sono le ricette o le prescrizioni. Anche se magari ci siamo visti due giorni prima, o se ci conosciamo da tempo, non sempre le espressioni “mio papà” o “mia mamma” sono immediatamente comprensibili e comunque potrei non avere in rubrica quel numero di telefono o quell’indirizzo mail (specie se vi chiamate Mario Rossi ma avete scelto come indirizzo redbull84@yahoo.com).
A margine, in tema di riconoscibilità vi chiedo: perché mai l’immagine che mettete nel profilo Whatsapp è un fiore, un cane, una FIAT 600, un orsacchiotto o (peggio) un nipotino? Non vi piacete? Naturalmente non c’è niente di male a identificarsi in un bassotto, ma a me farebbe veramente comodo individuarvi vedendo il vostro volto, quando leggo un messaggio. Se volete esprimere la vostra personalità, fatelo con la frase sotto la foto (per esempio “Mi piace Rita Pavone”). Vabbè, lo so, non ve lo posso chiedere. Fate come vi sentite, ma se voleste farlo per me…!

WHATSAPP vs MAIL: UNO A ZERO (QUASI)
I messaggi Whatsapp sono più efficaci e più rapidi delle mail, quindi (anche se ricordo benissimo che in passato vi ho detto che avrei disattivato Whatsapp: ebbene sì, ho cambiato idea) preferite Whatsapp alla mail, soprattutto se si tratta di messaggi brevi.
Se invece avete molto da scrivere, oppure molti documenti da inviare, meglio la mail.
Per dire: non mandate via Whatsapp i dieci fogli del referto del pronto soccorso, perché sono molto scomodi da scaricare e archiviare: in quel caso meglio la mail.

VOCALI, CHE NERVI!
Non mandate assolutamente messaggi vocali su Whatsapp. Capisco che sia molto più facile mandare un vocale piuttosto che mettersi a scrivere, ma per chi lo riceve (o almeno per me) è scomodissimo dover ascoltare 30-40 secondi di messaggio per trovarci dentro l’informazione che serve. Ripeto, i messaggi da smazzare sono tanti e fidatevi: cercando di comunicare un contenuto a voce si finisce per essere ripetitivi, dispersivi, in definitiva poco efficaci. Un messaggio di dieci righe si legge in pochissimi secondi e quando ce ne sono molti, essere obbligato a fermarsi per un minuto su un messaggio vocale è frustrante. Senza contare che se si ricerca una informazione che risale a qualche tempo prima, è impossibile trovarla ascoltando i vocali, mentre una ricerca sul testo dei messaggi è rapidissima.
Sono un rompiballe? Lo so, ma questa ve la chiedo proprio come favore personale: no messaggi vocali. Mai. Piuttosto azzardate una telefonata, almeno ci si parla.

TELEFONO? ANCHE NO
E a proposito di telefono: anche qui mi farò detestare. Capisco benissimo che ci sono situazioni in cui la telefonata è l’unica scelta, su certe esigenze non si discute, per esempio un’emergenza (anche se vi ricordo che per le emergenze la prima telefonata da fare è al 112). Ma cercate di scegliere quelle giuste… Qui non ci sono indicazioni precise. Dovete solo tenere presente che una telefonata richiede attenzione prolungata e che chi la riceve sta facendo tutt’altro, forse qualcosa di più urgente della vostra richiesta. Comunque, tutto sta alla vostra sensibilità.
Potendo, meglio un messaggio che una telefonata: si legge quando si può e richiede una frazione del tempo di una chiacchierata. La dico tutta? La telefonata è una roba da secolo scorso, o da innamorati. Per tutto il resto i messaggi sono oro.

UN BRICIOLO DI SCORTESIA
Vi chiedo una scortesia: non ringraziate quando vi invio una ricetta o una prescrizione via Whatsapp (e tanto meno via mail). È un gesto di normale gentilezza e siamo tutti beneducati, ma partite tranquillamente dal presupposto che lo so.
So che siete gentili e riconoscenti, diamolo per aquisito e passiamo oltre. Un “grazie” è un pallino verde in più da aprire, e i messaggi sono sempre quei 30 o 40. Per cui, vi sarò riconoscente per questa piccola Scortesia.

UNA VOLTA SOLA, UN SOLO SISTEMA
Non mandate lo stesso messaggio su Whatsapp, sulla mail e poi magari anche in segreteria telefonica. Vi assicuro che i messaggi li leggo tutti. Di solito, nell’ordine: prima Whatsapp, poi le mail, poi gli SMS (sono scomodi, lasciate perdere), e per ultimi ascolto i messaggi in segreteria telefonica. Per ultimissimi i vocali su Whwatsapp.
Soltanto se non avete avuto riscontro dopo un giorno intero (24 ore), ripetete il messaggio o chiedete informazioni, ma sempre con la stessa via di comunicazione. Niente confonde di più le idee di rileggere una richiesta via mail dopo averla magari già esaudita via Whatsapp. Quindi, in generale: vi piace Whatsapp? Usate sempre quello. Avete confidenza con la mail? Scrivete sempre mail. È uno dei modi migliori per farvi voler bene.

FARMAFANTASIA
Cercate di scrivere i nomi dei farmaci corretti. Copiateli dalla scatola, non andate a memoria. L’interpretazione dei nomi di farmaci di fantasia è una delle sfide intellettuali più alte. E il fatto che spesso il nome storpiato sia molto comico, non migliora le cose.
Rileggete i messaggi prima di inviarli, il correttore ortografico del vostro cellulare NON capisce i nomi dei farmaci.
Piuttosto mandate una foto della scatola (a patto che sia a fuoco, ben illuminata, dritta, eccetera…).

QUELLA BUONA, VECCHIA SEGRETERIA
Usate tranquillamente la segreteria telefonica. Se non riesco a rispondere al telefono e parte il messaggo registrato della segreteria, trattenete le imprecazioni e parlate dopo il maledetto BIP. Accennate almeno al problema: sapere il motivo per cui mi avete cercato è tranquillizzante (da un lato) oppure sollecita una richiamata appena possibile, se il motivo è urgente.
Naturalmente ricordatevi di chiudere la comunicazione quando avete parlato, perché lunghissimi messaggi di molti minuti con suono di televisione in sottofondo, rumore di stoviglie o di passi sulla ghiaia non sono un ascolto particolarmente suggestivo.

DRITTI AL PUNTO
Vi stupirà sapere che una delle cose più irritanti è ricevere un messaggio Whatsapp o SMS con la domanda “quando posso chiamarla”? Capisco molto bene che l’intenzione è di essere cortesi e non invadenti, ma chi riceve quel messaggio:

  1. Sa che qualcuno nel mondo lo cerca, ma non sa perché (ansia)
  2. Molto difficilmente potrà indicare un’ora, un minuto, una circostanza in cui la chiamata non disturberà (la telefonata stessa sarà un disturbo), quindi come posso dirvi: OK, disturbami pure quando sarò tranquillo? Se sarò tranquillo, non vorrò essere disturbato. Riflettete sul paradosso.
  3. Molto meglio telefonare direttamente e rischiare la segreteria, oppure ancora meglio sintetizzare in due righe il motivo della richiesta. Vi richiamo io: come faccio regolarmente quando ricevo quel genere di messaggi. Inutile sprecare un messaggio per dirvi quando potrete telefonarmi, faccio prima a richiamare direttamente, quindi il disturbo è comunque assicurato, nonostante la vostra lodevole intenzione di non disturbare: secondo paradosso.

Detto tutto ciò, sappiate che anche quando manderete la foto tutta sfuocata e buia girata alla rovescia del referto scritto a mano da un reumatologo che richiede cento esami almeno tre dei quali del tutto incomprensibili con la prescrizione di un fantomatico medicinale Lance Aux compresse per vostro cugino mai visto e mi manderete la richiesta via Whatsapp poi via mail poi in segreteria telefonica e dopo venti minuti me lo ricorderete con un vocale su Whatsapp scrivendo anche sotto quando potrete chiamarmi per non disturbare… cercherò di rispondervi il più in fretta possibile, con la maggiori chiarezza possibile, con la massima cortesia che riuscirò a spremere alle dieci di sera di un lunedì.


Peace an love.

Anno nuovo, roba nuova

Se leggete queste righe, avete ricevuto un avviso via mail o Whatsapp con le informazioni essenziali sulla riorganizzazione dell’accesso allo studio medico. Ma perché?
Forse serve qualche ulteriore spiegazione, niente di eccezionale, ma per poter migliorare il servizio bisogna fare un po’ d’ordine.

Non vi sarà sfuggita una certa pandemia, iniziata giusto un paio d’anni fa. L’aumento dei canali di comunicazione che si sono resi disponibili grazie (o per colpa della) pandemia, Mail, Whatsapp, SMS, segreterie telefoniche…, ha reso molto più facile il contatto tra voi e me. Il che potrebbe essere un vantaggio, se non fosse che gestire le richieste in arrivo a qualunque ora e con qualunque mezzo è, in breve, un vero casino. Si rischia di perdersi qualche messaggio, di non capirne qualcun altro, o si finisce per rispondere alle ultime richieste alle dieci e mezzo di sera, il che non aiuta a dare risposte corrette e comprensibili.

Quindi, sono costretto a mettere dei paletti, e a farmi aiutare in modo sistematico da una collaboratrice di studio, che poi non è altri che mia moglie Patrizia. A parte le sue innate doti di affabilità e pazienza (che intuirete dal fatto che mi sopporta da più di trent’anni) ha esperienza di collaboratrice di studio presso altri colleghi, è reflessologa e operatrice shiatsu e quindi, anche solo per frequentazione continua, ha familiarità con i problemi di salute della gente e con le loro esigenze.

Dunque, la prima cosa da fare è gestire ordinatamente le telefonate, così saprete chi contattare e quando, con la certezza di poterci parlare direttamente.
Al mattino chiamate Patrizia al numero 327 9771089, dalle 8:30 alle 10:30 per prendere appuntamenti e per chiedere ricette.
Al pomeriggio chiamate me al numero 351 7367182, dalle 15:00 alle 16:30 per parlarmi direttamente di qualunque altra esigenza: consigli, certificati, dubbi, problemi, ecc. ecc.
In quelle ore avrete la certezza di trovarci, perché (per esempio) io non sarò in ambulatorio e potrò rispondere sempre al telefono.
Nelle altre ore del giorno, ma ovviamente anche in quelle ore lì, potete mandare messaggi Whatsapp o SMS agli stessi due numeri di telefono indicati sopra (327 9771089 per Patrizia, 351 7367182 per me), o mandare una mail. Gli indirizzi mail da usare sono assistente.pejrolo@gmail.com (per Patrizia) e dr.pejrolo@gmail.com per me.
A tutte le richieste che arriveranno con queste modalità mi impegno a dare risposta entro le 24 ore.

Naturalmente, per le vere urgenze è sempre disponibile il servizio di Emergenza Territoriale (112), che potete contattare 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno.
Vi ricordo per inciso che la Guardia Medica è attiva il sabato, la domenica (e gli altri prefestivi e festivi) e la notte, dalle 20:00 alle 8:00 al numero 116117.

Dovete sapere che non risponderò al telefono mentre sono impegnato a visitare in ambulatorio, perché non c’è niente di peggio che arrivare dal medico, con un appuntamento magari prenotato da giorni e poi dover aspettare, interrompendo bruscamente la visita o il colloquio su un tema forse importante e delicato, che lui parli con qualcun altro al telefono per cinque minuti, di un argomento non urgente, complesso, magari lungo e burocratico, forse pure con tono di voce sgradevolmente alto perché dall’altra parte c’è qualcuno che sente poco e male, non ha campo, o parla francese.

Per questo, ho spostato anche due orari di ambulatorio: il MARTEDÌ sarò a Oulx al mattino 11-13 (invece che al pomeriggio 14:30-16:30) e il VENERDÌ sarò a Cesana al mattino 8:30-10:30 (invece che al pomeriggio 14:30-16:30). Appunto per riservare le prime ore del pomeriggio alle chiamate telefoniche.

Ultima cosa importante: in ambulatorio si viene su appuntamento.
È ovvio che se venite in studio senza appuntamento nessuno vi caccia ma, a parte le vere urgenze che richiedono un intervento immediato, sarete visti dopo tutti gli appuntamenti, oppure vi sarà chiesto di tornare (su appuntamento) in un giorno successivo.

Tutto qui.

Ovviamente ci vorrà un periodo di assestamento, prima che il sistema funzioni perfettamente, e per qualcuno non funzionerà mai, per esempio per le persone più anziane che non leggeranno questa mail e che non saranno raggiunte dai messaggi Whatsapp, o che sapranno delle novità solo leggendo i cartelli davanti agli ambulatori. Persone alle quali vi chiedo di passare parola.
Pazienza, ce la metteremo tutta per far funzionare al meglio il sistema e saremo flessibili e comprensivi.

Un brevissimo riassunto?

  1. Al mattino chiamate Patrizia per appuntamenti e ricette
  2. Al pomeriggio chiamate me per parlarmi di tutto il resto
  3. Ricordatevi di prendere appuntamento per le visite
  4. Ho cambiato due orari di ambulatorio (guardate lo schema)
  5. Mail e Whatsapp sono sempre attivi, i messaggi riceveranno risposta entro 24 ore (ma se possibile anche immediatamente).

Se avete voglia di sapere come fare la vostra parte per farmi lavorare meglio… leggete qui. Ci sono un po’ di consigli per ottenere riconoscenza e fraterno affetto dal vostro medico.

Il mio mestiere è un po’ particolare, se riusciamo a collaborare per renderlo più ordinato, anche a prezzo di qualche piccolo sforzo, ne traiamo vantaggio tutti, voi ed io. Per non dire che un medico (per quanto possibile) meno stressato è molto, molto più simpatico.

Uova coniglietti e ambulatori

Quest’anno, Pasqua alta.
Quindi a ridosso della Festa della Liberazione (con la maiuscola, dalle mie parti…) e della Festa dei Lavoratori  (ma sì, anche loro maiuscoli, perché no?).
Si rischia perciò un po’ di casino con l’accavallarsi di giorni festivi e prefestivi. Per non parlare degli eventuali ponti, che comunque io non faccio, nella speranza di essere adeguatamente festeggiato il primo maggio!
Insomma.
Vi metto qui sotto una tabellina orientativa per capire come funzioneranno gli orari di ambulatorio nelle prossime due settimane.

Orari Pasqua

Ricordandovi qualche regoletta del contratto di lavoro (appunto…) dei Medici di Medicina Generale, che in realtà si chiama Accordo Collettivo Nazionale:

  1. Nei giorni prefestivi, gli ambulatorio sono aperti solo se si fanno alla mattina.
  2. Quando non ci sono i Medici di Medicina Generale, è sempre attiva la Guardia Medica, che copre il periodo in cui il vostro medico non lavora.
  3. Per le emergenze (vere) il servizio 112 è attivo tutti i giorni, tutto l’anno, ventiquattr’ore al giorno.

Quindi, non sarete soli. Perlomeno sulla terra, perché a proposito del resto dell’universo ci sono parecchi dubbi.
Buona Pasqua (maiuscola o minuscola? Fate voi).
E per finire (qui lo dico e qui lo nego) non esagerate con i sensi di colpa per il fatto delle uova di cioccolato.
Troppi link in questo post? Non saprei. Dite la vostra.

Orario marzolino

Non so voi, ma il mio anno nuovo non inizia a gennaio, mese buio e gelido, ma in primavera.
E con l’anno nuovo, fiorisce il ciliegio davanti a casa e io faccio qualche piccolo cambio di orario. Anzi, uno solo. Il venerdì gli ambulatori sono spostati al mattino, invece che al pomeriggio.

Quindi a OULX DALLE 9 ALLE 10:30 e a CESANA DALLE 11 ALLE 13. Solo di venerdì. Negli altri giorni gli orari restano quelli di prima.
Ho cercato di avvertire più gente possibile con Uozzàpp e cartelli vari, ma mi è stato fatto notare che sul sito l’orario era ancora quello vecchio.
Però! Non pensavo che qualcuno venisse davvero a leggere il mio sito.
OK, adesso è tutto a posto.
Buon anno nuovo!

E mi raccomando: rifiorite!

[P.S. è possibile che, più in là, io sia costretto a cambiare ancora qualche dettaglio di orario, ma per ora non ho certezze. Vi terrò informati].

Scienza, incoscienza e un rasoio

Bisogna individuare le malattie quanto prima possibile.
Bisogna dare un nome preciso alle più diverse condizioni di malattia, e se qualcuna non ha nome, dobbiamo crearlo.
Bisogna curare ogni anomalia, e per ognuna bisogna avere un chiaro e unico procedimento infallibile di cura.
Siamo tutti d’accordo su questi princìpi basilari, persino ovvi, della medicina.
Sono princìpi che hanno portato lontano, che hanno permesso di aumentare la nostra aspettativa di vita fino a limiti impensabili un secolo fa.
Sono princìpi scolpiti nella pietra.

Fino a un certo punto.

Il metodo scientifico, oggi preso a sassate da più parti, non finisce mai di stupire. Lo stesso metodo che ha consentito di scrivere quelle regole, è capace di metterle in discussione, almeno in parte.
Rimango sempre affascinato dalla capacità della scienza di osservare se stessa e di correggere la rotta quando rischia di sbandare.
Leggo in questi giorni che la comunità scientifica medica si interroga sulle nefaste conseguenze di quella che viene chiamata overdiagnosis, come dire, in italiano, sovra-diagnosi, diagnosi eccessiva.

Ohibò, può esistere un “eccesso” di diagnosi? È mai possibile che si possa essere “troppo” studiati, indagati, curati?
Attenzione che non si tratta di dire che “prendiamo troppe medicine” e quindi che dobbiamo tornare a curarci con i pappini e gli infusi; è meglio specificarlo, oggi che il richiamo ai buoni vecchi tempi rischia di portare a inquietanti nostalgie pre-scientifiche.

Si tratta invece del fatto che la legittima curiosità scientifica (anche in buona fede), soddisfatta con strumenti sempre più sofisticati, porta a definire da una parte nuove malattie, dall’altra condizioni di pre-malattia sempre più sfumate.
Uno degli esempi (di cui ho già parlato) è quello delle nuove linee guida per la pressione alta: le linee guida americane sull’ipertensione del 2017 hanno portato il numero complessivo di americani ipertesi da 72 a 103 milioni con un aumento del 43% dei “malati”, perché individuano come “ipertese” persone con valori di pressione sempre più bassi.
Altri esempi molto interessanti li trovate in questa bella sintesi.
La domanda che la comunità scientifica si pone, oggi, è se individuare nuove malattie o stadi sempre più precoci di malattie già note, sia effettivamente di beneficio per i pazienti, o non porti invece alla situazione paradossale per cui certe terapie e certi procedimenti diagnostici risultano più dannosi della malattia (o dello stadio della malattia) che dovrebbero curare.

La riflessione è estremamente interessante, e ha a che fare con il rasoio di Occam.

I bisogni di salute della popolazione mondiale sono in continua, inarrestabile, crescita e alimentano un universo industriale ed economico gigantesco.
Di nuovo attenzione: non voglio qui insinuare sospetto o sfiducia nei confronti dell’industria farmaceutica e della ricerca medica, grazie alle quali molti di noi conducono una vita normalissima quando cinquant’anni fa sarebbero stati (come minimo) seriamente invalidi.
Ma è un fatto che l’industria lavora per il profitto (cosa di cui non mi scandalizzo) e anche questa è una spinta verso l’estremizzazione della ricerca, che per grandissima parte significa progresso e benessere, ma che può finire per avvitarsi su se stessa con dubbia utilità pratica per i malati.

Da tutto ciò ricavo un certo sollievo nello scoprire che la ricerca medica riflette sui suoi risultati e riesce a darsi dei criteri di auto-diagnosi per limitare, non in base a un ottuso “buon senso” ma a un rigoroso approccio metodologico, i danni che potrebbe procurare se spinta a certi eccessi (qui un ottimo articolo in merito).
Peraltro, ne ottengo una vaga consolazione per i momenti in cui, di fronte alla complessità di certe linee guida che noi medici pratici siamo costretti a digerire, mi trovo in difficoltà ad applicare alla vita quotidiana di ambulatorio le ultime, nuovissime, luccicanti indicazioni diagnostico-terapeutiche elargite a noi comuni mortali dai supereroi che stanno ai confini del cosmo.

Credo però che da questa riflessione possa filtrare qualche idea anche per chi in ambulatorio ci viene perché vuole chiarimenti, rassicurazioni, certezze.
Viviamo in un tempo in cui, curiosamente, alle spinte anti-scientifiche e irrazionali si oppone una iper-medicalizzazione del benessere, per cui ad ogni stato di sofferenza si vorrebbe dare una spiegazione unica, con un nome unico, che possa essere trattata in un modo unico e che dia l’unico, imprescindibile, risultato di una rapida guarigione.

E così mi viene da pensare che come io (medico) devo ogni tanto evitare di “over-diagnosticare” e “over-trattare” segni piccoli e sfumati o stati di pre-malattia poco rilevanti, così voi (pazienti) potreste provare ogni tanto, solo ogni tanto, a mettere nel vostro arsenale di “eventuali malati” una certa dose di pazienza e (dico la parola grossa) di rassegnazione di fronte a stati di malattia che malattia forse non sono, o rinunciare a inseguire come il Santo Graal indizi minuscoli di futuribili disgrazie, ispirati nella ricerca dalle suggestioni televisive del pomeriggio, o dal banner pubblicitario della vostra pagina Facebook.
Per cui, ecco che torno al mio vecchio mantra: se avete dubbi, chiedete al vostro medico, non a Google. E mi permetto di aggiungere un piccolo corollario: siate coraggiosi e (perché no?) un po’ incoscienti.
La vostra prossima malattia saprà cogliervi di sorpresa comunque, per quanto previdenti e ansiosi siate stati nel tentativo di prevenirla a tutti i costi.

P.S. Già vi vedo toccare ferro e altre varie cose. Ci sta, come dice mio figlio. Considerate semplicemente che non esiste essere umano nella storia della specie che non si sia, prima o poi, mortalmente ammalato. Ma non ci pensate, sono bellissime giornate di sole.

P.P.S. Naturalmente non generalizzo: so benissimo che ci sono frotte di pazienti che sono “troppo incoscienti”, al limite dell’autolesionismo. A loro, invece, consiglio caldamente di alimentare un po’ di più la preoccupazione sulle loro condizioni di salute e un po’ di meno il consumo di mille vari nocivi generi di conforto. Ma temo che loro, purtroppo, non leggano queste note.

Vecchi amici, antibiotici e febbre da fieno

Perché c’è una stretta, importante relazione tra le tre cose, e perché questo ha direttamente a che fare con le nostre più comuni abitudini?
La risposta breve è: lavarsi le mani è la cosa più semplice ed efficace per evitare un sacco di grane.
La risposta lunga inizia da lontano, con la considerazione, indubbia, che le malattie “infiammatorie” sono in costante crescita dagli anni ’50.
Per malattie infiammatorie, qui, intendiamo tutte quelle malattie che sono conseguenza di una attivazione abnorme del sistema immunitario. Nato principalmente per proteggerci da agenti patogeni esterni (o interni), il sistema immunitario costituisce il nostro Esercito, il cui compito è quello di attaccare e distruggere qualunque cosa, riconosciuta come “nemica”, potrebbe danneggiarci: batteri patogeni, virus, cellule tumorali.
Quando però, il nostro Esercito si attiva senza motivo, quando vive in perenne stato di guerra anche se guerra non c’è, invece di proteggerci ci danneggia. Attacca organi e apparati e provoca alcune delle malattie più gravi e debilitanti dell’era moderna: sclerosi multipla, malattia di Crohn, diabete tipo I, asma.
A margine sottolineo che “provoca” non significa che ne costituisce la causa unica e diretta: molti fattori diversi (genetici, ambientali) ne condizionano l’insorgenza. Ma possiamo dire con buona approssimazione che quelle malattie (e altre, come malattie della tiroide, artrite reumatoide, lupus, psoriasi) hanno come attore principale un sistema immunitario guerrafondaio.
Dunque, non solo ci servono meccanismi che chiamino alle armi il Sistema Immunitario quando serve (per esempio quando arriva l’influenza: il mio, per esempio, è in piena campagna di Russia contro questa fastidiosissima forma virale che ci sta azzoppando tutti).
Ci servono anche meccanismi che tengano il Sistema immunitario a riposo quando è il caso.
Se volessimo addentrarci in questo campo, neanche il filo di Arianna ci permetterebbe di venirne fuori prima dell’ora di cena. E probabilmente neanche per Pasqua.
Quindi, provo a restringere il campo, e vi parlerò di certi vecchi amici.
Gli anglosassoni li chiamano Old Friends, e siccome amano gli acronimi, parlano di OF mechanism, meccanismo dei Vecchi Amici. Questa teoria, proposta nel 2003 da un certo Graham Rook, sostiene che alcuni agenti microbici, quelli con i quali conviviamo da quando eravamo cacciatori e raccoglievamo arbusti nel Paleolitico, i Vecchi Amici appunto, sono indispensabili per regolare, limitandola, l’attività del nostro Sistema Immunitario. Non si tratta di una teoria strampalata, è basata sulle conoscenze circa il lavoro svolto da certi linfociti (detti T-reg; sì, potete giocarvela mnemonicamente ricordando Jurassic Park) che hanno proprio la funzione di disinnescare il Sistema Immunitario quando non è utile. Se non sono stimolate dai Vecchi Amici, le cellule T-reg non sono adeguatamente “indotte” a spegnere i bollori del Sistema Immunitario.
Fin qui, potremmo dunque spiegare l’aumento delle malattie infiammatorie negli ultimi 60-70 anni con il fatto che le condizioni igieniche sono straordinariamente migliorate, dunque abbiamo fatto fuori gli amici insieme ai nemici, ed ecco che i nostri linfociti T-reg non hanno più abbastanza stimoli per calmare l’esercito, e lui parte in guerra contro tutto e contro tutti.
D’altra parte nei primi del ‘900 la febbre da fieno era un fenomeno così raro che gli studiosi dovevano dannarsi l’anima per trovare casi da studiare. Oggi si stimano circa 10 milioni di persone affette da febbre da fieno nel Regno Unito.
Quando, vent’anni fa e più, studiavo medicina le malattie autoimmuni erano una novità, oggi meccanismi autoimmuni, come detto, sono riconosciuti alla base di un gran numero di malattie invalidanti.
Ottimo.
Dunque, siamo così ossessionati dalla pulizia che eliminando tutti i batteri, eliminiamo anche i Vecchi Amici e ci facciamo del male. E dunque, questo vuol dire che siamo troppo puliti. Giusto?
No.
Attenzione all’equivoco.
Essere esposti a un minor numero di Vecchi Amici, oggi, non dipende (solo) dal fatto che ci laviamo di più, o che teniamo pulito il bagno. Dipende dalle nostre abitudini di vita, dai luoghi in cui viviamo, da come partoriscono le donne e dove, da come allattiamo i nostri piccoli. Viviamo in città, o comunque in ambienti chiusi, per la maggior parte del tempo, non siamo più a contatto con gli animali, i parti sono spesso cesarei, gli allattamenti artificiali, tutte condizioni che tengono i Vecchi Amici fuori dalla porta. Perché l’utilità dei Vecchi Amici è maggiore quando l’esposizione avviene in tenerissima età.
Ma un conto è tenere fuori gli amici, un conto i nemici. Quanto detto finora non significa che i bambini più si ammalano più saranno sani da grandi. Le migliorate condizioni igieniche hanno aumentato di un fattore esponenziale la sopravvivenza dei bimbi, altro che febbre da fieno: ai primi del ‘900 i bimbi morivano.
Questo per dire che un conto sono le mutate condizioni di vita, un conto è combattere le malattie.
Non è vero che lasciare che i bimbi si ammalino procura loro un sistema immunitario più forte. Si ammalano e basta. Questo ha a che fare con il fatto che gli anticorpi che produciamo sono diretti contro una specifica malattia: se prendiamo la varicella (o se siamo vaccinati), non saremo automaticamente più resistenti contro il tetano.
Ma se si ammalano dobbiamo curarli.
Ed ecco che arriviamo agli antibiotici.
Non devo ricordarvi io che la resistenza agli antibiotici è uno dei più grossi problemi sanitari dell’era moderna. Più malattie, più antibiotici, più batteri che si attrezzano contro gli stessi antibiotici.
Non siamo troppo puliti, proprio no. L’igiene (e l’igiene pubblica) sono una delle conquiste più importanti degli ultimi cento anni.
E allora?
Come conciliare l’esigenza di mantenere buoni rapporti con i Vecchi Amici con quella di sparare al nemico?
La risposta che dà l’importante pubblicazione da cui ho tratto il materiale per questo post è Targeted Hygiene. Igiene mirata.
Vuol dire conoscere i punti critici nella catena della trasmissione delle infezioni e colpire quelli.
Una casa pulita non è necessariamente una casa igienizzata. Non serve tirare a specchio i pavimenti e i vetri e togliere la polvere tutti i giorni se poi ignoriamo i veri bersagli da colpire. I punti critici. Che sono dunque:
– i luoghi e le superfici dove si trovano di solito gli agenti patogeni
– i luoghi le superfici che facilitano la diffusione dei patogeni.
E indovinate un po’ qual è la superficie più a rischio per la diffusione dei patogeni? Le mani.

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Di seguito un paio di tabelle che ho adattato e tradotto dallo stesso articolo, per esemplificare nel dettaglio il significato di igiene mirata.

schermata 2019-01-13 alle 21.11.18

I punti chiave dove indirizzare la guerra ai patogeni.

schermata 2019-01-13 alle 21.33.02

Alcuni esempi pratici.

Provo a riassumere?
– Sembra accertato che i Vecchi Amici (batteri ed elminti, cioè vermi) con i quali conviviamo dal Paleolitico siano utili per tenere a freno il nostro sistema immunitario (perché stimolano i linfociti T-reg).
– È certo, anzi ovvio, che invece i batteri patogeni provocano malattie che è meglio evitare.
Non è vero che dobbiamo vivere nello sporco perché il nostro sistema immunitario sia “forte”: gli anticorpi si formano non contro “lo sporco” ma contro le singole, specifiche specie batteriche/virali.
– È abbastanza vero che pulendo casa e vivendo nel nostro mondo del 2018 teniamo fuori dalla porta anche alcuni Vecchi Amici, ma il fatto che veniamo meno a contatto con loro dipende da molti fattori (ambientali, di stili di vita, ecc.) che poco hanno a che fare con l’igiene.
– Evitare le malattie con una adeguata igiene evita anche l’uso delle medicine e soprattutto degli antibiotici, che se prescritti troppo diffusamente inducono resistenze che costituiscono uno dei grandi problemi della sanità mondiale odierna.
– Non avremo mai una casa “sterile”, per quanto strofiniamo tutte le superfici. I batteri e i virus vanno e vengono. Invece adottando pratiche di igiene mirata limiteremo al massimo la diffusione delle malattie.
– La miglior igiene mirata, è quella mirata sulle nostre mani.
Avete visto quante colonie batteriche si sono sviluppate dall’impronta della mano di questo bimbo?

 

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La storia intera la trovate sull’Huffington Post
Chissà quante colonie si svilupperebbero appoggiando su una piastra di coltura il cellulare che tenete in mano?
E via le dita dal naso!

Se amate i dettagli, qui trovate la pubblicazione originale che ha ispirato questo post, redatto dalla IFH (International Scientific Forum on Home Hygiene) del Regno Unito, che si qualifica e si presenta qui.

Natale con la valigia

La VAlletta

Ai primi dieci che indovinano la meta, un cucchiaio di sciroppo per la tosse.

Quest’anno, per la prima volta negli ultimi vent’anni o forse più, a Natale cambio clima e vi saluto. Voglio vedere un Natale senza neve, quindi nella settimana tra il 22 e il 30 di dicembre sarò ad un’altra latitudine (non troppo lontano, ma abbastanza da evitarmi temperature sotto lo zero). Dunque, mi sostituirà la Dott.ssa Magnano (339 4124857), con orari di ambulatorio invariati.
Tenete presente che, complici le festività natalizie, in quel periodo i giorni di ambulatorio si riducono a uno striminzito lunedì 24 mattina a Oulx (che è un prefestivo, quindi il pomeriggio gli ambulatori dei Medici di Base sono chiusi) più il giovedì 27 e il venerdì 28.

Si verificherà quindi l’eventualità (che vi auguro non si verifichi per niente) che dobbiate rivolgervi alla Guardia Medica.
Ecco allora che il mio regalo di Natale è un tentativo di esegesi del misterioso volantino che pubblicizza gli orari del servizio di Guardia Medica durante l’inverno (qui di seguito un’immagine) e che trovate affisso nelle sedi del servizio.

Orari Guardia Medica ASLMisterioso perché la logica che sta alla base di questa organizzazione è ferrea, ma la forza comunicativa del volantino è più o meno quella della tavola periodica degli elementi.
Quindi provo a spiegare.

Il servizio di Guardia Medica (che si chiamerebbe più propriamente continuità assistenziale) normalmente serve per trovare un medico anche quando il vostro medico di base è fuori servizio: la notte, il sabato e la domenica.
Il lodevole sforzo della ASL è quello di potenziare questo servizio durante il periodo delle festività, così che in quei giorni sia ancora più facile trovare un medico, anche per venire incontro alle esigenze dei turisti.
Il potenziamento però avverrà un po’ a singhiozzo durante l’inverno, in certi giorni ci sarà, in altri no. I giorni no sono quelli VERDI, quando il servizio avrà le stesse caratteristiche che ha durante tutto l’anno. I giorni sono quelli ROSSI.

Nella tabella qui di seguito, ho cercato di sintetizzare e chiarire graficamente la situazione.

CALENDARIO Guardia Medica - DEF

Cliccando con pulsante destro del mouse sopra l’immagine potete aprirla in un’altra finestra, scaricarla ed eventualmente stamparla, per poterla ripiegare e tenere nel taschino.

Nel periodo VERDE, come dicevo, il servizio è lo stesso di tutto l’anno, e cioè:
a OULX. Ci sarà la sede centrale, dove gli orari sono i soliti della guardia medica: il medico è presente tutte le notti, più sabato e domenica (i giorni di festa e quello precedente funzionano come il sabato e la domenica);
nelle sedi distaccate di BARDONECCHIA, CESANA e SESTRIERE il medico sarà fisicamente presente solo il sabato e la domenica (e i giorni di festa e quello precedente) negli orari esposti in tabella, ma non di notte.

I periodi ROSSI sono centrati intorno alle festività principali dell’inverno e cioè l’Immacolata, il periodo di Natale e Capodanno, il periodo di Carnevale e il periodo intorno a Pasqua. In questi quattro periodi il servizio è intensificato:
a OULX, sede centrale, il medico di guardia sarà presente tutti i giorni (infrasettimanali, festivi, prefestivi) sempre, 24 ore su 24.
Nelle sedi distaccate, il medico sarà presente tutti i giorni, (infrasettimanali, festivi o prefestivi che sia) ma solo negli orari indicati, cioè grosso modo: a BARDONECCHIA, SAUZE e PRAGELATO al mattino. A CESANA e SESTRIERE al pomeriggio.

Il servizio di Guardia Medica è a pagamento per i non residenti o comunque non assistiti dai Medici di Base del territorio, gratuito per tutti gli altri.

Ricordate sempre che il servizio di Continuità Assistenziale (come del resto quello del vostro Medico di Base) non è concepito per gestire le EMERGENZE mediche. Quando pensate che serva un medico immediatamente dovete rivolgervi al 112 (ex 118), che provvederà ad intervenire al più presto con le attrezzature adatte a gestire situazioni gravi e acute.

Bene. Io parto. Ho lasciato tutto in ordine? Ho chiuso il gas? Ho dato da mangiare al gatto? Mi pare di sì. Con questo post spero di avervi dato un bel po’ di ragguagli inutili, perché non avrete tempo di ammalarvi, dato che dovrete lavorare troppo (o festeggiare troppo, dipende). Copritevi, che fa freddo! Io in valigia metto le infradito. Buon Natale!

Mangiatori di fuoco

French fries in fiamme 2I cibi antinfiammatori esistono?

Sono sempre molto scettico di fronte alle spiegazioni semplici di problemi complessi. Quando poi si parla dei benefici della dieta nei confronti di… quasi tutto, tendo a voltare pagina in un nanosecondo. Ma voglio raccontarvi di una specie di caccia al tesoro.
Questa volta sono partito da un articolo di Medicinae Doctor, un periodico specializzato per i medici, che per l’ennesima volta citava nel titolo l’alimentazione e il tumore del colon. Me lo sono letto rapidamente: chissà mai che si riuscisse a mettere un punto fermo in questa faccenda dei cibi che provocano il cancro.
Nessuna speranza, purtroppo. L’articolo stava sul generico, diceva mille cose e nessuna, elencava studi eterogenei e cause di ogni sorta per ogni sorta di disturbo. Insomma, la solita insalata russa.

Però un articolo della (striminzita) bibliografia mi ha incuriosito: “Association of dietary inflammatory potential with colorectal cancer risk in men and women” (“Associazione tra potenziale infiammatorio della dieta e rischio di cancro del colon negli uomini e nelle donne“), pubblicato su una rivista di tutto rispetto (JAMA Oncol, una edizione americana di primissima rilevanza scientifica, il Journal of the American Medical Association) molto recente (2018), di cui trovate qui un abstract riportato su PubMed.
PubMed è un database sconfinato di tutte le pubblicazioni scientifiche mediche, praticamente la bibbia di chiunque voglia risalire direttamente alle fonti della ricerca scientifica, gli articoli originali degli studi su cui si fondano linee guida, raccomandazioni, indirizzi terapeutici, insomma la medicina tutta.

Ohibò, possibile che JAMA si occupasse di dieta infiammatoria, un’entità così indefinita da sembrare buona solo per una pubblicità di lassativi?
Dall’abstract di JAMA ho isolato il termine “dietary inflammatory pattern (EDIP) score“, una specie di punteggio dato agli alimenti in base alla loro possibilità di provocare “infiammazione”, e l’ho fatto macinare a Google. Ne ho ricavato diverse pubblicazioni, ma in particolare un bell’articolo sulla rivista online della Harvard Medical School  che sembrava convincente, e oltre tutto da fonte affidabile: parliamo di Harvard, mica bruscolini. L’articolo, se masticate un po’ di inglese, può valere la lettura, perché piuttosto completo, chiaro e autorevole.
Da quell’articolo ho ricavato e tradotto la bella grafica che vedete qui sotto, che divide i cibi in anti-infiammatori e infiammatori. Come potete notare, il cibo buono è sempre il solito, e quello cattivo pure.

Cibi antinfiammatori

D’accordo, mi dico, ma che significa dieta “infiammatoria“? Come si misura questa infiammazione, ci sono dei parametri che dànno ad alcuni alimenti la patente di anti-infiammatori, o si tratta della solita roba che i cibi rossi fanno arrossire e quelli bianchi fanno sbiancare?

Mi tuffo di nuovo nell’oceano-Google e ne esco con questo: un articolo dove si mette nero su bianco quali sono le sostanze che, dosate nell’organismo, misurano la potenza infiammatoria dei cibi: interleuchine, proteina C reattiva, TNFaR2 sembrano aumentare se la dieta contiene determinati alimenti. Il personaggio che scrive l’articolo, per la verità, non dà molta fiducia; pare un divulgatore scientifico troppo affezionato alle medicine alternative e alla naturopatia per i miei gusti. Ma è pur sempre un medico e l’articolo è chiaro, parla un linguaggio scientifico che mi è familiare e non esprime opinioni balzane ma spiega il metodo usato dai ricercatori per definire il “dietary inflammatory index (EDII)” dei cibi, citando specificamente l’articolo che identifica nel dettaglio i parametri oggetto di studio: lo trovate qui completo in originale.

Dunque, tirando le fila, pare verosimile (non oso dire “assodato”) che secondo fonti affidabili certi cibi aumentino nell’organismo la quota di sostanze che sono coinvolte nei processi infiammatori cronici.
Altre evidenze, di cui vi risparmio il percorso di ricerca, sembrano collegare gli stati infiammatori cronici a tutta una serie di problemi di salute, che vanno dalle più ovvie patologie articolari, all’attivazione di processi autoimmuni, fino al cancro e addirittura all’Alzheimer. D’altro canto, che il sistema immunitario sia una macchina estremamente complessa e potente lo dimostrano le più recenti terapie contro il cancro, che si basano proprio sull’attivazione del sistema immunitario.

Ora, fermi tutti: 2+2 non fa 22.
Se è certamente vero che il sistema immunitario ha collegamenti con una miriade di processi vitali, dalla difesa dalle infezioni alla protezione dai tumori maligni, non sto dicendo che se mangiate una porzione di patatine vi viene il cancro al colon o la demenza. Non essendo un fondamentalista in nessuna branca della medicina (in nessuna branca tout-court, a dire il vero) non vi scaglierò un anatema perché mangiate una volta ogni tanto al McDonald. Però vi suggerisco di prendere sul serio la grafica qui sopra, perché ho cercato di raccontarvi che quelle raccomandazioni derivano da studi scientifici con basi solide.

Non c’è bisogno di guardare in cagnesco il lardo di Colonnata, e tanto meno chi lo mangia, basta tenersi un po’ dalla parte della ragione e magari mangiare un po’ più di insalata e salmone.
Tutta acqua al mulino dei Sushi-bar. O almeno della buona vecchia dieta mediterranea.

Milligram • Chapeau!

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In Milligram, l’Instagram del dottore, piccoli episodi curiosi di vita d’ambulatorio, rigorosamente anonimi, motivo di sorpresa per me e per voi pillole di buona salute spicciola.


Una piccola storia vera di redenzione.
Guardate la tabella qui sotto: il tempo scorre da destra a sinistra.

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Sono gli esami del sangue di un signore che mi ha saputo dimostrare che cambiare si può, quando si vuole (e si deve!).

Nelle prime tre colonne da destra ci sono molte caselle rosse, sono tutti valori fuori norma, ma guardate soprattutto quattro righe:
• la ALANINA AMINOTRANSFERASI (ALT)
• il COLESTEROLO TOTALE
• la GAMMA GLUTAMIL TRANFERASI (GGT)
• i TRIGLICERIDI.
Li conoscete bene, immagino. Colesterolo e trigliceridi sono un fattore di rischio per malattie cardiovascolari (soprattutto il primo), cioè infarti, ictus eccetera. ALT e GGT sono indici di sofferenza del fegato, cioè steatosi (fegato grasso) prima e cirrosi poi.

Fate caso anche alle date: le rilevazioni coprono circa un anno, da settembre 2017 a ottobre 2018. I valori sono sostanzialmente simili per quasi tutto l’anno, e sempre fuori norma, con una tendenza a crescere. Dodici mesi di “distrazione”. Ma poi è bastato un mese o poco più (dal 29 agosto, valori pessimi, all’ 8 ottobre, valori decisamente buoni) per cambiare drasticamente l’andazzo.
Nei grafici, dove i valori massimi consentiti sono rappresentati dalla linea punteggiata verde, il curioso fenomeno si percepisce meglio (click sui grafici per vederli ingranditi).

Cos’è successo? Quali miracolose medicine gli sono state prescritte per avere un miglioramento simile?
Nessuna.

Questo signore, titolare di una GGT da record del mondo, si è semplicemente reso conto che i suoi esami erano proprio troppo fuori. Ha deciso di mettersi a regime e i valori sono tutti rientrati, fino praticamente alla normalità. In un mese, non in cinque anni.
Niente medicine, niente dietologi, nutrizionisti, agopunturisti, iridologi. Solo forza di volontà. Non posso, per ovvi motivi di privacy, altrimenti gli farei pubblicamente i complimenti.

Cosa dimostra, il Milligram di oggi? Che ridurre il colesterolo e salvare il fegato dalla cirrosi è possibile. Con una alimentazione corretta, anche senza diete vegane, e stando lontano dagli alcolici. A patto di iniziare presto, perché quando le coronarie sono intasate dalle placche e il fegato è corroso dall’alcol, non c’è quasi più nulla da fare.

Attenzione, da questa parte della tastiera non c’è un integralista tutto crusca e soja. Mezzo bicchiere di vino a pasto fa bene. E se ci mettete un po’ di movimento regolare potete mangiare praticamente di tutto (se non avete la genetica contro, d’accordo…).
Ma se esagerate, vi mettete il cappio al collo.
E guardate che non è una rampogna per i peccatori, ma una buona notizia per tutti. Basta un mese.
E poi, naturalmente, tutta la vita a seguire.

Vaccini, il momento degli outsider

OutsiderQuesta non la sapevate.
Insieme alla campagna vaccinale antinfluenzale, i medici di base sono impegnati in una curiosa campagna di vaccinazioni contro lo pneumococco e contro l’herpes zoster, cioè il virus che causa il fuoco di sant’Antonio.
Si tratta di due condizioni che rimangono un po’ fuori dal classico circuito dei vaccini; non fanno parte dei gran numero di vaccini che si fanno ai ragazzini durante la crescita, assomigliano di più al vaccino antinfluenzale,  particolarmente indicato per le persone avanti negli anni, che se si ammalano rischiano di sviluppare conseguenze peggiori. Così è in effetti anche per questi due outsider.

Vaccinazione anti pneumococco

Pneumococco

Il vaccino anti-pneumococcico serve per evitare le polmoniti ed è piuttosto efficace, perché protegge circa il 70-75% dei soggetti sani. Non mette al riparo da tutti i tipi di polmonite, ma da quelle causate (appunto) dallo pneumococco, un batterio a cui piacciono particolarmente i polmoni e che determina la più classica delle polmoniti (e se non curata, anche una delle più gravi).

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Virus Varicella-Zster

Il vaccino anti-herpes zoster previene, ma non cura, il Fuoco di Sant’Antonio. L’efficacia protettiva non è altissima (tra il 50 e il 70% a seconda degli studi), ma sembra documentata una sensibile riduzione (10-15%) dell’incidenza della temibile nevralgia post-erpetica, cioè di quei fastidiosissimi dolori che possono durare molti mesi e addirittura anni e che seguono la malattia vera e propria.
Entrambi i vaccini possono essere somministrati dai medici di base a tutti i soggetti sani che compiono quest’anno i 65 anni di età, cioè i nati nel 1953. Notate che i soggetti affetti da alcune condizioni di rischio (diabete, immunodeficienze, asportazione della milza e molte altre) non possono essere vaccinati dai medici di base ma devono recarsi al Servizio Vaccinale della ASL (nell’immagine orari e sedi dei servizi vaccinali del nostro territorio).
CENTRI VACCINALI TO3Il vaccino antipneumococcico va fatto con un certo tipo (PREVENAR, che protegge da 13 tipi di penumococco) e poi integrato l’anno dopo con un altro tipo (PNEUMOVAX, che protegge da 23 tipi di pneumococco), ma secondo le indicazioni ministeriali non va ripetuto, un ciclo di due dosi basta per tutta la vita (anche se alcuni suggeriscono un richiamo ogni 5 anni).
Anche il vaccino anti-herpes (che si chiama ZOSTAVAX) può essere fatto una volta sola nella vita, un po’ come fare la varicella ed esserne immunizzati, ma non può essere fatto insieme allo PNEUMOVAX.
Sia la vaccinazione anti-pneumococco che quella anti-herpes possono essere fatte insieme alla vaccinazione antinfluenzale, ma non sono “stagionali”, si possono fare in qualsiasi periodo dell’anno.
A noi medici di medicina generale, verrano fornite ben 5 (cinque) dosi di vaccino anti-pneumococco e anti-herpes. Potremo poi eventualmente richiederne altre, se serviranno. Al momento in cui scrivo, lunedì 12 novembre, non ci sono ancora state consegnate e restiamo in attesa.
Chi tra di noi colleghi ha già fatto la prova, pare abbia avuto serie difficoltà a somministrare anche solo le prime cinque dosi. Diffidenza? Poco interesse? Poca informazione? Non saprei, ma, in pratica, aspetto tutti i nuovi 65enni per vaccinarli contro lo pneumococco e contro l’Herpes Zoster: chi si fa avanti?