D come “dubbi”

Identikit-della-vitamina-D_previewimageQuanta vitamina D ci serve per godere di buona salute? La domanda sembra semplice e la risposta dovrebbe esserlo altrettanto, ma negli ultimi anni si sono verificati due processi paralleli, che complicano notevolmente le cose.
1. I valori di riferimento per la “normalità” del dosaggio della vitamina D hanno fluttuato in maniera piuttosto bizzarra;
2. La Vitamina D è diventata pane per i denti di chi sospetta oscure trame a danno dei pazienti e a favore di quell’incarnazione del maligno che sono diventate le case farmaceutiche.
I due fattori costituiscono, come facilmente immaginabile, una miscela esplosiva.

Una bella ricostruzione storica della misurazione dei valori normali della Vitamina D nel sangue, a partire dagli anni ’70 l’ho trovata in questo articolo, al quale vi rimando per i dettagli.
Vi basti sapere qui che i valori raccomandati, perché sono quelli che si riscontrano nella grandissima maggioranza degli adulti sani, negli anni sono variati di qualche unità, definendosi una carenza di Vitamina D per valori al di sotto dei 12 e poi dei 20 ng/ml (nanogrammi/millilitro). A complicare ulteriormente le cose, gli stessi valori si possono esprimere anche in nanomoli/litro, e in questo caso i numeri variano tra 30 e 50.
Quindi, memorizzate: valori normali sopra ai 12 (come indicato negli anni ’70) e fino ai 20 (come indicato nel 2011) ng/ml. Al di sotto di quei valori, carenza.

Queste non sono “ipotesi”: sono valori reali misurati in un numero molto alto di persone, quindi sono obiettivi e verificabili. Come dovrebbe essere il metodo scientifico.
Ma attenzione: questi sono valori normali in gente sana (e per questo motivo costituiscono un riferimento). Alcune persone, per alcuni specifici motivi di salute (per esempio perché hanno l’osteoporosi) hanno bisogno di un apporto di Vitamina D molto maggiore, per periodi di tempo più o meno lunghi.

E questo genera almeno una parte del problema: i valori indicati da alcuni studiosi per la cura di alcune malattie (malattie, non soggetti sani), che sono valori più alti del normale, sono stati a volte erroneamente indicati come valori di riferimento normali. Ne deriva che in questa prospettiva un grandissimo numero di persone (quasi tutti…) risulterebbero “carenti” di Vitamina D pur avendo nel sangue valori corrispondenti a quelli di qualunque essere umano sano.

Non sono in grado di commentare con cognizione di causa il termine “erroneamente” e tanto meno di interpretarlo. Come si può incorrere in tale errore? Io, che penso sempre bene, semplifico considerando che siamo umani, quindi soggetti ad errore.
Ma ci sono quelli che, se non pensano male, almeno sono guardinghi, e ricordano come il mercato degli integratori alimentari valga, particolarmente in Italia, cifre a sei zeri.
Sull’altra sponda (e veniamo al punto 2) ci sono, agguerritissimi, i nemici giurati delle case farmaceutiche. Che dicono esattamente l’opposto: esiste una congiura dell’industria farmaceutica che vuole nascondere una carenza generalizzata di Vitamina D, perché la Vitamina D salva da uno spropositato numero di malattie (cancro fra tutte!) e quindi se semplicemente la popolazione mondiale avesse valori più alti di Vitamina D nell’organismo, le case farmaceutiche perderebbero miliardi.

Io non commento, ma (a parte la semplice considerazione che per le case farmaceutiche è uno scherzetto produrre Vitamina D da vendere a miliardi di persone, con profitti immaginabili, piuttosto che investire in ricerca per farmaci innovativi da usare su un numero infinitamente più ristretto di persone) lascio risuonare nelle vostre teste le due posizioni: giudicate voi quale vi pare la più ragionevole.

[Ricordando solo un particolare: gli studi che attribuiscono proprietà taumaturgiche multiple alla Vitamina D sono studi “osservazionali“, cioè (spero di farmi capire) guardano indietro e collegano eventi diversi cercando rapporti significativi, eventualmente di causa-effetto.
Invece, oggi, gli studi scientifici che vengono considerati utili alla comunità, sono studi “prospettici“, cioè che guardano avanti, e non indietro: sono studi che creano le condizioni per verificare un’ipotesi: per sapere se la sostanza A fa bene per la malattia B, prendo un certo numero (possibilmente molto elevato) di pazienti e, senza che né il medico che somministra la sostanza, né il paziente che la assume sappiano in quale ramo dello studio stanno operando (metodica chiamata “in doppio cieco”), ad alcuni pazienti somministro effettivamente la sostanza ad altri no. Poi guardo i risultati e traggo le conclusioni.
È una situazione molto più controllata e rigorosa di quella che verifica solo certe circostanze prese nel gran calderone degli eventi passati: posso anche pretendere di dimostrare che molti pazienti affetti da cancro avevano tassi di Vitamina D non elevati, ma capite bene che è ben diverso dal dimostrare che tra i due eventi c’è un rapporto di causa-effetto.
Altrimenti (perdonate la grossolana semplificazione e la boutade) è come dimostrare che mettere le magliette rosse fa venire il cancro perché tra i pazienti affetti da cancro scopro che la maggior parte portavano magliette rosse. O peggio ancora: pretendere di dimostrare che le magliette verdi “curano” il cancro perché la maggioranza delle persone guarite dal cancro indossava di preferenza il verde].

Che dire, dunque, su questa “epidemia” di carenza di Vitamina D?
Io posso solo suggerire prudenza e buon senso.
E riassumendo direi:

  • non ha senso dosare la Vitamina D in soggetti perfettamente sani.
  • Non ha senso somministrare Vitamina D per valori limite (che variano a seconda dei laboratori, ma i cui estremi ho riportato sopra).
  • La Vitamina D serve sicuramente per fissare il calcio nelle ossa e quindi va certamente data a persone che hanno problemi in tal senso (donne in menopausa, persone affette da alterazioni endocrinologhe precise che alterano il metabolismo del Calcio).
  • Ma soprattutto non ha senso attribuire proprietà salvifiche a certe sostanze per la cura di mille malattie sulla base di studi osservazionali.

    Se siete multimediali, guardate questa breve intervista a uno specialista endocrinologo: esprime una posizione equilibrata e chiara.

Ma allora che faccio se lo specialista mi ha chiesto di dosare la Vitamina D ma non ho nessun problema di salute?
Come sempre, usate il buon senso, il cervello e… il vostro medico di famiglia, che magari non ha vinto il Nobel per la scienza, ma che (non per meriti suoi, ma perché così funziona il suo mestiere) è specializzassimo nel fare la sintesi tra mille fonti, scremare per quanto possibile l’informazione scientifica dalla fuffa, e tradurre tutto ciò in quello che è il meglio per la gente che cura (che conosce in prima persona meglio di qualunque specialista). Lui sa inserire nel mondo reale l’uragano di suggestioni che gli vorticano sulla testa quando cerca di aggiornarsi e di informarsi.
Chiedete, fidatevi di lui e magari non date per scontato che il vostro medico di famiglia trascriva acriticamente, automaticamente, supinamente, ogni e qualunque suggerimento che arriva da qualunque specialista, cosa che lo fa piuttosto arrabbiare.
Almeno, parliamone.

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