In “Milligram“, che mi immagino come una specie di Instagram del dottore, vi racconterò piccoli episodi curiosi di vita d’ambulatorio, rigorosamente anonimi (anzi, abilmente mascherati per non dare neanche il minimo indizio sull’identità del paziente), motivo di sorpresa per me e per voi pillole di buona salute spicciola.
Quando il vostro amico in pieno benessere, vigoroso e salutista, vi guarda preoccupato dietro i suoi baffetti biondi, raccontandovi delle mani e dei piedi che sono diventati di un simpatico colore giallo, che gli dite?
Tutti sapete che la pelle gialla vuol dire ittero, è una roba di fegato, di epatite, di chissà quale pericolosa malattia. Quindi lo portate dal medico.
Medico che, oltre a quello che sapete voi, ha in mente anche ipotesi più inquietanti, perché l’ittero può essere causato da malattie gravi del fegato, oppure da malattie del sangue. E le vie biliari, che portano la bile nell’intestino, si possono chiudere anche per un tumore; e così via per numerosi capitoli della patologia medica.
Quindi il medico non lo dà a vedere (o ci prova), ma si preoccupa anche più di voi, di fronte a quell’atletico ragazzo senza nessun sintomo, oltre tutto attentissimo alla dieta e agli stili di vita, che ha quella tonalità giallastra un po’ dappertutto, non solo sulle mani. Soprattuto se confrontato al padre rubicondo e un po’ sovrappeso che lo accompagna alla visita.
E soprattutto se al medico, guarda caso, poche settimane prima è capitato di vedere un’altra persona giovane e in salute, diventata improvvisamente gialla e operata al volo per un tumore delle vie biliari.
Quindi il medico prescrive tre o quattro paginate di esami del sangue, e un paio di giorni dopo fa un’ecografia.
Risultato: nulla. Ecografia normalissima, fegato pimpante, vie biliari limpide, colecisti ginnica.
E gli esami? Non sono ancora disponibili. Si fa subito una telefonata, ma il laboratorio non risponde, sono solo le nove del mattino.
Bene, ci risentiamo più tardi. Ci si saluta sorridendo ma la tensione è nell’aria. Il padre fa il duro ma è preoccupatissimo, l’atleta minimizza.
Ciao.
Ciao, a dopo.
A questo punto, chissà quale cortocircuito di informazioni fa scattare nel mio cervello un contatto e dico: “Non è che mangi troppe carote?”.
Lui: “Mah… sì, mangio tanta verdura, anche carote”.
Il padre: “Ne mangia quattro o cinque al giorno, tutti i giorni!”.
Quando hai la sensazione che i pezzi del puzzle vadano d’un colpo a posto. Dev’essere la stessa sensazione che prova la Signora in Giallo quando fa quella faccia furbetta verso la fine della puntata. Soluzione del caso: troppe carote tingono di giallo la pelle. O almeno questa è la spiegazione che suggerisco. La tensione si allenta, si torna a scherzare, il padre non si lascia convincere troppo in fretta, ma la sensazione è di sollievo.
Mentre i due aspettano di là, scrivo il referto dell’ecografia. E intanto spulcio (anch’io!) internet. Intuizione esatta, probabilmente sostenuta da qualche antichissima lettura accademica: esiste la carotenosi, un accumulo anomalo, negli strati della pelle, di beta-carotene, la sostanza colorata che abbonda nelle carote, ma anche in molte altre verdure: ecco allora palmi della mani e piante dei piedi di un bel colore giallo, diffusa colorazione della pelle, ma nessun giallo nel bianco degli occhi (che infatti il nostro atleta aveva normalissimi), e niente prurito, due sintomi tipici dell’ittero. Quindi, una manifestazione del tutto innocua, anche se può metterci qualche mese, a passare.
Insieme al referto, consegno loro anche un bigliettino con la parola “CAROTENOSI”: finalmente posso consigliare (anziché scoraggiare) l’uso di internet.
“Cercate questa parola su Google, che ci trovate le mani gialle!”.
E così, mentre io medito sulle bizzarre meraviglie della mente umana e sui suoi strani collegamenti, a voi lascio il pensierino che ogni cosa ha la sua misura e anche le migliori intenzioni salutistiche, se portate all’eccesso, possono trasformare un atleta in un personaggio dei Simpson.